21462601_figli-di-genitori-separati-0Nella complessa esperienza della separazione coniugale viene meno il legame della relazione di coppia, ma se dall’unione sono nati dei figli, permane il sottosistema genitoriale. I figli sono, infatti, il segno vivo e concreto del legame che tramite la coppia si è stabilito tra le generazioni. Nella “nuova famiglia divisa” si devono rinegoziare i rapporti tra l’ex coppia con i figli e fare in modo che la qualità delle relazioni con questi ultimi dipenda sempre meno dalla qualità della relazione con l’ex partner.

La separazione dei genitori pertanto può rappresentare per i figli un evento critico, in quanto comporta l’inevitabile cambiamento del rapporto con le figure di riferimento e, quindi, la necessità di un riesame delle immagini genitoriali e di una loro nuova collocazione nella relazione.

I legami che si formano e si sviluppano con i propri genitori sono la tra le variabili più significative della vita di ogni figlio. Il bambino sviluppa la sua identità e il concetto di sé attraverso un processo di identificazione con entrambi i genitori. È importante, allora, che il bambino conservi una buona relazione affettiva ed educativa sia con la mamma che con il papà, anche se non più insieme.

Essere privato della bi-genitorialità si riflette sul minore e può minare profondamente la sua stabilità futura. Il bambino infatti, da quella prima negazione, può essere inglobato in una relazione distorta con il genitore collocatario e da quel momento può nascere il suo “conflitto di lealtà”.

Moltissime ricerche cliniche dimostrano che la relazione tra i genitori dopo la separazione è un fattore critico nel funzionamento della famiglia.

La conflittualità esercita i suoi effetti negativi sul benessere dei figli sia direttamente, quando assistono ai litigi dei genitori, sia indirettamente, perché i genitori impegnati nel conflitto sono meno sensibili e attenti ai loro bisogni. La persistenza del conflitto mette seriamente in pericolo lo sviluppo psicologico dei minori. Sono stati evidenziatigli effetti negativi sullo sviluppo psico-emotivo dei bambini “messi in mezzo” al conflitto genitoriale. Tra questi rischi c’è quello di sviluppare la cosiddetta Sindrome di Alienazione Parentale (PAS), che può essere considerata una sorta di abuso emotivo nei confronti del figlio. Nella PAS si assiste alla creazione di una relazione singolare tra un bambino e un genitore, che comporta l’esclusione dell’altro genitore. Il bambino alienato non desidera avere alcun contatto con il genitore denigrato e che esprime solamente sentimenti negativi per quel genitore e sentimenti solamente positivi per l’altro; conseguenza di ciò è l’alterazione delle emozioni del bambino verso entrambi i genitori e quindi la perdita di un normale equilibrio.

I figli di coppie separate hanno il diritto a non perdere i genitori, né devono essere costretti a odiarne uno per accontentare l’altro. Pertanto è cruciale, per la salvaguardia delle relazioni familiari e al fine di preservare un sano ed equilibrato sviluppo del minore, mettere in atto forme di collaborazione con l’ex coniuge per garantire l’esercizio della funzione genitoriale (legittimare l’altro) e consentire al figlio l’accesso alla storia di entrambe le famiglie di origine.

La separazione dal punto di vista dei figli

Gli aspetti emotivi

Per i figli la separazione rappresenta, così come per i genitori, un’esperienza di perdita e di lutto. La separazione dei genitori comporta infatti per i figli sacrificare la quotidianità relazionale con i genitori e indebolire la propria identità personale, costruita anche all’interno di un’identità familiare.

Il minore è dunque chiamato a ridefinire i rapporti con i suoi genitori, che nel momento della separazione possono scaricare su di lui attese e modalità relazionali precedentemente indirizzate al partner.

La sofferenza del bambino si manifesta principalmente attraverso l’ansia da abbandono, spesso affrontata mettendo in atto meccanismi di difesa inadeguati che conducono a comportamenti disadattivi, come somatizzazioni, disagio scolastico, disturbi del sonno o dell’alimentazione, episodi depressivi. Tale malessere rischia di amplificarsi nel momento in cui il bambino non riesce a ridefinire con chiarezza, grazie all’aiuto dei genitori, la nuova cornice relazionale e familiare o non può esprimere apertamente i suoi stati d’animo. La “compressione” emotiva del bambino si può quindi tradurre in comportamenti aggressivi, di intolleranza o insofferenza, attraverso i quali tenta di ricostruire un’identità spezzata.

Può capitare, inoltre, che il bambino si senta responsabile della separazione dei genitori e che quindi provi ed esprima senso di colpa verso la nuova situazione.

È dunque opportuno che i genitori si rendano consapevoli dell’importanza di accogliere i vissuti dei figli e di rielaborare, attraverso un linguaggio a loro comprensibile, i motivi che hanno condotto alla decisione della separazione, poiché questo consente loro di affrontare e superare le problematiche emotivo-affettive legate al distacco della coppia genitoriale e alla disgregazione del nucleo famigliare.

Molti studiosi sostengono che un bambino vive la separazione dei genitori con un misto di emozioni che oscillano tra il senso dell’abbandono, la rabbia, il dolore, la colpa, e che rassomigliano a quelle provate in una situazione di lutto.

Le fasi che si attraversano (che possono alternarsi e ripresentarsi più volte, poiché non sono “stadi”) sono:

  1. il rifiuto/negazione: è la fase in cui i bambini non accettano l’idea che la propria famiglia si stia fratturando e rifiutano il dato di realtà;

  2. la rabbia: è la fase in cui si manifestano le emozioni forti, quali la rabbia o paura che si riversano sui genitori, gli amici, i fratelli o su se stessi, considerandoli o considerandosi la causa del conflitto e della conseguente separazione;

  3. la contrattazione: alcuni bambini credono di poter intervenire attraverso un cambiamento comportamentale negativo o positivo, nel rallentare o frenare la separazione tra i genitori. È soprattutto in questa fase che si ritiene importante la disponibilità dei genitori a sollevare il figlio dai sensi di colpa e da assunzioni di responsabilità per la decisione presa da loro;

  4. depressione: nel momento in cui il bambino prende consapevolezza di quello che sta succedendo e del fatto che la separazione è definitiva, può esprimere sintomi di depressione, sviluppando sentimenti di abbandono e paura, chiusura, ritiro in se stesso, svogliatezza, apatia, stanchezza…

  5. accettazione: è il momento in cui la separazione dei genitori viene accettata e i figli riescono ad adattarsi alla nuova situazione familiare, sperimentando sentimenti di conferma e accoglimento affettivo. È importante sottolineare che il grado e la qualità di accettazione dipende dal modo in cui il contesto separativo si configura.

Le reazioni comportamentali

Bisogna sottolineare che per i figli risultano fondamentali la qualità e le caratteristiche delle relazioni che si instaurano tra i vari membri della famiglia a seguito della separazione, piuttosto che l’evento separativo in sé. Quando i genitori sono impegnati a litigare tra loro, i figli non riescono certamente a garantirsi un contesto di serenità e di benessere, e possono quindi emergere nei fanciulli elementi di instabilità e disagio psicologico.

Risulta impossibile prevedere o stabilire preventivamente se e quali saranno le conseguenze di una separazione sui figli, tuttavia le ricerche in questo campo hanno individuato alcune variabili importanti per comprendere le possibili manifestazioni di disagio dei minori; tra queste, l’età, la qualità dell’investimento affettivo verso le figure genitoriali, la presenza o meno di figure protettive (nonni, zii), aspetti caratteriali del bambino e soprattutto il modo in cui i genitori gestiscono la loro conflittualità prima, durante e dopo la separazione.

I bambini di 2-3 anni manifestano regressioni comportamentali in termini di eccessiva richiesta di attenzioni, disturbi del sonno o dell’alimentazione, difficoltà nello svolgimento delle mansione igieniche… Nei bambini più grandi, 3-6 anni, si nota un aumento dei comportamenti aggressivi. Il trauma della frattura familiare è affrontato attraverso una rabbia agita su di sé o gli altri. In questa fase di sviluppo i bambini si considerano cattivi e si costruiscono un’immagine cattiva del proprio sé. I bambini di età compresa tra i 7-10 anni esprimono sentimenti di tristezza, di dolore, ma anche di risentimento, seppur più consapevole e diretto verso l’esterno, di fronte alla separazione.

In questa età possono comparire sintomi psicosomatici.

In adolescenza la separazione dei genitori può portare ad un accrescimento del senso di responsabilità che favorisce la maturazione psicologica ed emotiva o, al contrario, può causare un arresto del senso di sé. Possono comparire comportamenti che segnalano un disagio e il richiamo dell’attenzione su di sé, spesso come ricerca di punizione per un senso di colpa: piccoli furti, fughe da casa, uso di sostanze, peggioramento nel rendimento scolastico.

Il bisogno del bambino di avere due genitori

L’assunto di partenza è che ogni bambino desidera la presenza di entrambi i genitori e che questo converge con i bisogni psico-emotivi dei figli. Nelle separazioni conflittuali questo vissuto non può essere rilevato dai due genitori: quello che viene individuato come il punto di riferimento principale (solitamente la madre) difficilmente riceverà dal figlio la richiesta esplicita di relazionarsi con l’altro genitore (solitamente il padre). Il figlio spesso, percependo il conflitto tra i genitori, evita di di comunicare alla madre le emozioni positive che lo legano al padre. Sulla base di questa dinamica relazionale difensiva si sviluppa nel mondo interno del bambino una condizione di scissione emotiva, innescata da un “conflitto di lealtà”. Più o meno implicitamente il bambino può vivere una richiesta di “schieramento” da una parte o dall’altra e per evitare di schierarsi, può arrivare a scindere i due mondi affettivi, come se vivere in uno comportasse l’esclusione dell’altro. Il sintomo più evidente di questo fenomeno si osserva quando il bambino non racconta nulla alla madre di quanto avviene nella relazione con il padre e viceversa. In questo modo il bambino si tutela, evita commenti o anche solo sguardi, sbuffate o silenzi.

Molte ricerche affermano che i bambini che vivono entrambi i genitori si rappresentano più sicuri di quelli che vivono esclusivamente con uno dei due.

Durante la loro crescita infatti i figli necessitano, oltre che di accudimento, cura e protezione, anche di stabilire solide relazioni con entrambi i genitori per poter attivare, nella concretezza relazionale, i modelli di padre e madre che ognuno di noi conserva come predisposizione interna. La garanzia di poter beneficiare della relazione con entrambi dipende solo dai genitori stessi, i quali devono riuscire ad assimilare la distinzione del ruolo coniugale da quello genitoriale. Questo è possibile solo quando la rabbia, il dolore, la vendetta sono superati.

Nei casi più gravi, la limitazione o la sospensione del diritto alla bi-genitorialità si verifica attraverso:

  • la sindrome di alienazione parentale (PAS)

  • denunce di abusi sessuali.

 

Le relazioni interrotte: forme di cura

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